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SENZA FINE NÉ FORMA

ALESSANDRO GIOIELLO - SERENA GAMBA


10 dicembre 2022

“Ciao Alessandro, fatti sentire perché ho in mente una mostra tua con Serena.”
Non c’è due senza tre, ho pensato sorridendo.
Ricordo la prima volta che ho esposto da Antonio, in occasione della collettiva Abitualmente, realizzata nel 2011: durante l’inaugurazione chiacchierammo e mi spronò a scattare fotografie, a cercare nel mio quotidiano degli spunti per i miei futuri lavori.
Entrare nel vivo.
Ero alle prese da qualche anno con i lavori realizzati con le lane da ricamo polverizzate a mano e i soggetti erano spesso dei dettagli di dipinti altrui, estrapolati soprattutto da opere del Cinquecento italiano, ma non solamente. Mi tormentavo con la scelta del soggetto, alla costante ricerca di quello “giusto” che potesse riscattarne il peso degli anni passati, alla ricerca di quell’eterna giovinezza che solo le opere ben riuscite possono vantare.
Ho pensato più volte a quei suggerimenti, la loro eco non si è mai placata.
Ho girato intorno alla pittura, per anni.
Tolti gli anni dell’Accademia, durante i quali ho cercato di utilizzare i pennelli senza alcuna soddisfacente soluzione, ho continuato ad esercitare il mio amore verso quest’arte, cercando di avvicinarmi in punta di piedi con il mio lavoro.
Avevo in mente il tipo di “temperatura” per le mie opere, la texture della loro pelle, ma quell’elementare utensile non era contemplato nella definizione di ciò. Ho così utilizzato strumenti affilati per rincorrere la morbidezza delle immagini, per portarle ad uno stato di rarefazione e leggerezza che diversamente non sarei stato capace di raggiungere.
Ho avuto paura della pittura, per anni.
L’idea del confronto con una pratica millenaria mi ha sempre dato un certo brivido. Come è possibile che possa esserci ancora un piccolo spazio per giustificare oggi un nuovo gesto in pittura, mi domandavo, sbagliandomi.
Non avevo calcolato che per gli errori e i ripensamenti esiste sempre un posto. Con la pittura è possibile farne tesoro.
Devo quindi ringraziare nuovamente Antonio per avermi spronato a immaginare una nuova mostra in cui esporre le mie ultime (o prime) tele. E soprattutto devo ringraziare Serena, con cui ho condiviso innumerevoli momenti di confronto, perplessità, ore trascorse in studio insieme, nonché per avermi accompagnato al di fuori della zona di sicurezza per tentare questa nuova avventura a tu per tu con la pittura.
Per questa mostra, una raccolta scanzonata di disparati soggetti, ho cercato di lavorare tenendomi ad una equidistanza fra ciò che viene comunemente descritto come figurazione o astrazione. Mi interessava pormi in una zona limitare, quella in cui le immagini sbocciano ma non si rivelano nella loro interezza. Fermare il profumo che viene sprigionato prima della forma.
La pittura, come la natura, è senza fine, ogni opera messa al mondo è potenzialmente capace di farne germinare un numero indefinito di altre.
La pittura è anche senza un fine, reifica se stessa in maniera disinteressata, senza scopo alcuno.
La pittura, come la natura, non ha una sola forma, ci racconta di luoghi e tempi diversi, al di sopra di qualsiasi tentativo di contenimento all’interno di limiti fisici e immaginari.
Senza fine né forma, appunto.

Alessandro Gioiello

“Della mia memoria molto evapora, molto si sedimenta. E delle cose del mondo tutto non posso ricordare. Della mia vita ho fatto testamento su di una tela, per poco che sia. È tutta la mia esistenza.”
La mia ricerca si muove intorno al significato di Pittura e delle sue declinazioni in relazione con le altre arti visive e applicate.
Le immagini della Storia dell’Arte, svuotate del loro significato originario, vengono rielaborate per far emergere la loro natura essenziale, lontana da forme viziate e precostituite. I generi e i materiali della pittura, le basi del linguaggio parlato e scritto, gli elementi costitutivi del disegno e della geometria vengono condensati in nuove strutture e segni primari, attivando al contempo un processo di negazione e ricostruzione di una nuova immagine. Questi elementi strutturali, siano essi scultorei o pittorici, definiscono un’architettura, un alfabeto visivo, indirizzano e lasciano piena libertà di interpretazione e rielaborazione.
Nei nostri studi io e Alessandro abbiamo trascorso giornate eterne e ore veloci, il nostro incontro è stato indubbiamente dettato da una medesima necessità, da una domanda comune, come arrivare all’essenza della pittura, come tradurre il nostro essere. Domanda che ad oggi, fortunatamente, non ha ancora trovato risposta.
Ogni individuo immagino ricerchi in qualche ambito il senso delle cose, chi nel cosmo, chi nella natura, chi nei numeri, chi nella musica, chi nella pittura, chi queste risposte le trova giornalmente in svariati dettagli.
Ricordo che Alessandro mi disse di ricercare il mio linguaggio e la maniera più intima per tradurre questa necessità.
Questa mostra per me rappresenta un momento fondamentale, un punto di snodo, di un percorso che per entrambi si sta aprendo verso nuove forme e modalità. Il mio interesse verso la memoria e l’oblio si è ampliato includendo segni, cromie più astratte attingendo da quel sé più profondo, in parte sconosciuto o semplicemente inconscio. La parola si alterna al ricordo puro che evapora e lascia spazio ad un'eco, un profumo, un suono.
Senza fine né forma è il perfetto racconto di un fiume che sta prendendo forma man mano che scorre. Probabilmente è in parte la risposta a quella domanda che abbiamo generato e quella risposta che aspettavamo, ma che in fin dei conti, ad oggi ci rendiamo conto non essere più così necessaria.

Serena Gamba

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